venerdì 23 gennaio 2009

Sull’oggettività e la soggettività nella critica*

DI MARIO ROSALDO
AGGIORNAMENTO: 3 NOVEMBRE 2017




Spesso diamo per scontato che, prima di iniziare uno studio serio dell'architettura, deve essere data una definizione chiara e completa del suo concetto. Karl Popper ha affermato che questo lavoro è piuttosto metafisico che scientifico. Tuttavia, le definizioni sono utili in ogni campo della scienza e dell’arte, e questo è qualcosa che nessuno può negare. La chiave è di non dimenticare che i concetti fanno parte delle teorie, che un concetto sempre appartiene ad un quadro teorico. In altre parole, quando si sceglie un concetto di architettura istituito da uno degli architetti famosi, si sceglie anche la filosofia o l'ipotesi su cui si fonda. Il caso non è diverso quando crediamo che la definizione concepita è unicamente nostra; tendiamo a dimenticare che viviamo in una società che continuamente ci educa con concetti religiosi, filosofici o scientifici; anche le semplici relazioni amichevoli favoriscono lo scambio di idee. Naturalmente, è esatto di dire che abbiamo idee o concetti nostri, poiché il nostro contributo alla società è variare il punto di vista da cui gli oggetti possono essere percepiti. Il problema sorge quando si tenta di istituire i propri concetti come la migliore percezione della realtà.

Alcuni di questi architetti famosi hanno preferito non scegliere qualsiasi concetto di architettura; dicono che stanno cercando di lavorare con la realtà stessa. Essi assumono che la manipolazione diretta di oggetti basti per dedurre le idee di cui hanno bisogno per creare disegni o progetti originali. Ma anche questo approccio pragmatico è una concezione del problema, vale a dire, un quadro teorico, una teoria; chiamatela come volete, scettica o empirica. Questa è la ragione per cui i critici d'arte insistono a studiare i concetti inconsci che potrebbero dedurre dalle opere, il punto di partenza concettuale che potrebbero rivelare. Ma gli studi che si concentrano sulla qualità delle opere architettoniche sono spesso tentati di ignorare il dibattito filosofico e scientifico in quanto sono interessati piuttosto ai giudizi di valore, non ai discorsi teorici oggettivi. È in questo senso che un critico come Giulio C. Argan ha sostenuto la tesi che l'arte ha sempre a che fare con i giudizi di valore; in altre parole, secondo Argan, la critica d'arte è necessariamente soggettiva poiché è una questione di gusto. Facendo eco a questa diffusa opinione, Charles Jencks ha anche sottolineato l'aspetto simbolico dell'opera architettonica, ed il talento dei critici ad interpretarla sulla base di una critica lirica e del gusto.

In fondo, questo non è altro che il vecchio dibattito tra francescani e domenicani. Solo la forma è cambiata: stiamo ancora discutendo sul modo migliore per capire la realtà. Quindi, il rifiuto delle persone di continuare a cercare la verità è comprensibile. Ma c'è un argomento che dovrebbe essere considerato prima di prendere qualsiasi decisione drastica. La società ha diviso il lavoro, ci ha qualificati per svolgere le attività che contribuiscono a soddisfare i nostri bisogni basici. La organizzazione sociale ci ha aiutato a sviluppare ciò che chiamiamo condizione umana, vale a dire, la nostra capacità di produrre come un gruppo di persone oggetti sia fisici che mentali, i quali non esistono in natura. Queste capacità e talenti sono diversi da un individuo all'altro, per cui è assolutamente necessario condividere le responsabilità nel lavoro di squadra. In architettura stiamo sperimentando oggi una divisione tra coloro che preferiscono lavorare come architetti tradizionali e quelli che preferiscono fermarsi per vedere cosa possono fare per partecipare allo sviluppo di nuove abilità. Questo è il motivo per cui uno studio dell'architettura chi intende esercitare una critica rigorosa, praticare l'oggettività come un modo per stabilire il grado di verosimiglianza delle teorie, non può trascurare le discussioni in corso sulla filosofia e sulla scienza, così come sull'arte.

* Pubblicato originariamente in Architectural Approach con il titolo On the Subject of Critique and Criticism.

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